Vertenze di lavoro
Il datore di lavoro
può licenziare senza alcuna motivazione solo nei casi di giusta
causa o giustificato motivo (soggettivo ed oggettivo) e purché
sia intimato in forma scritta.
Licenziamento per giusta causa
è giusta causa di
licenziamento quella che non consente la prosecuzione anche
provvisoria del rapporto.
In alcune sentenze è stata
riconosciuta la giusta causa del licenziamento nelle ipotesi di:
-
simulazione di
malattia
-
minacce rivolte
dal lavoratore ai superiori o contro l’impresa datrice di
lavoro
-
impedimento ad
un dirigente di una società di uscire dallo stabilimento
-
abbandono
ingiustificato del posto di lavoro da cui possa derivare
pregiudizio all’incolumità delle persone ed alla sicurezza
degli impianti
-
sottrazione di
documenti aziendali riservati
Non possono considerarsi giusta causa ai fini del licenziamento:
-
l'imperizia
tecnica
-
l'incapacità del
lavoratore
-
il fallimento
dell’imprenditore.
Nei casi di
licenziamento per giusta causa il preavviso non è dovuto.
È tuttavia
necessaria l’osservanza di alcuni requisiti tipici di tale forma
di risoluzione:
-
contestazione
della causa che ha giustificato il licenziamento
-
immediatezza
della contestazione, in quanto il fatto che costituisce la
giusta causa è così grave da non consentire la prosecuzione
del rapporto
-
immutabilità
della causa contestata, nel senso che non può essere
successivamente modificata e sostituita con un’altra
-
prova della
sussistenza della giusta causa da parte del datore di
lavoro.
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo
è un notevole
inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del
lavoratore, il quale è tenuto a concedere un periodo di
preavviso ovvero, a sua discrezione, può corrispondere al
lavoratore una indennità sostitutiva del preavviso.
Esempi di
giustificato motivo soggettivo sono considerati l’abbandono del
posto di lavoro, l’assenza ingiustificata, la violazione dei
doveri di diligenza ed obbedienza.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Il licenziamento
può, altresì, trovare causa in particolari ragioni inerenti
l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro ed il
regolare funzionamento di essa (art.3 legge 604/66).
Tali situazioni
prescindono da comportamenti imputabili al lavoratore.
Il licenziamento senza motivazione
Il datore di lavoro
può licenziare senza obbligo di motivazione:
-
i dirigenti
-
lavoratori
domestici
-
i dipendenti
assunti in prova
-
i lavoratori
ultrasessantenni, che hanno i requisiti pensionistici e che
non abbiano scelto di proseguire il rapporto di lavoro
Il licenziamento
senza motivazione, nei casi in cui è ancora consentito, può
essere esercitato solamente nei contratti di lavoro a tempo
indeterminato.
Impugnazione del licenziamento
Qualora il
lavoratore ritenga il licenziamento illegittimo può impugnarlo
entro 60 giorni dalla sua comunicazione o dalla comunicazione
dei motivi, se avvenuta posteriormente.
L’art.6 della Legge
n.604 prevede che l’impugnazione sia fatta con qualsiasi atto
scritto idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore
licenziato (atto stragiudiziale, oppure tramite lettera
raccomandata spedita al datore di lavoro). La comunicazione può
essere trasmessa anche dal legale del lavoratore ma deve essere
da questi controfirmata.
Il lavoratore può
scegliere di impugnare il licenziamento direttamente davanti
all’autorità giudiziaria.
Cosa può fare il lavoratore ingiustamente licenziato?
a) L'art.18 della
legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori) stabilisce che il
lavoratore ingiustamente licenziato può chiedere di essere
reintegrato nel posto di lavoro quando l’azienda presso cui
eseguiva l’attività ha più di 15 dipendenti in ciascuna unità
produttiva; più di 60 dipendenti ovunque siano ubicate le
singole unità produttive; quando il datore di lavoro è un
imprenditore agricolo con più di 5 dipendenti in ciascuna unità
produttiva.
Qualora il giudice
accerti l’illegittimità del licenziamento oltre alla
reintegrazione il licenziamento illegittimo obbliga il datore di
lavoro a risarcire il lavoratore del danno subito. Questo è
costituito dal pagamento della retribuzione globale di fatto,
non inferiore a 5 mensilità, che il lavoratore non ha percepito,
dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva
reintegrazione. Tale risarcimento prevede anche il versamento
dei contributi assistenziali e previdenziali.
Il lavoratore può
però rinunciare alla reintegrazione e chiedere in cambio, entro
30 giorni dall'invito a riprendere il lavoro, un'indennità pari
a 15 mensilità di retribuzione. Resta fermo il diritto al
risarcimento del danno.
b) Quando il datore
di lavoro ha meno di 15 dipendenti impiegati per unità
produttiva oppure è imprenditore agricolo con meno di 5
dipendenti oppure se ha fino a 60 lavoratori complessivamente ma
nell'unità produttiva interessata ne sono occupati meno di 16.
Se il licenziamento
risulta illegittimo non ha l’obbligo di riassumerlo poiché può
scegliere di pagare una determinata indennità che varia da un
minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell’ultima
retribuzione globale di fatto. Qualora il lavoratore ha prestato
servizio per oltre 10 anni ha diritto a 10 mensilità. |